di Marco Costanza
Seguendo quasi quotidianamente i programmi sportivi su Rai Sport, mi è capitato spesso di vedere una rubrica intitolata ”L’altro Calcio”, dove viene dato spazio e risalto a storie di piccole realtà calcistiche. I giornalisti inviati che raccontano queste storie, spesso sono sorpresi e meravigliati da ciò che accade in campo. Allora io mi domando: “Ma allora se questi vedessero cosa accade il sabato pomeriggio a Lapio,cosa direbbero?”.
E da qui parte il mio piccolo racconto, nel quale voglio sottolineare solo la bellezza di una storia di oltre trent’anni , una delle ultime piccole tradizioni rimaste vive qui a Lapio , viva ormai da oltre una generazione. Raccontarvi tutto è impossibile, per tempo e spazio; ci si potrebbe scrivere un libro o una tesi di laurea (l’idea non sarebbe male) ma io mi limito solo a mettere in risalto quello che avviene ogni settimana al campo sportivo di Lapio.
Partendo dall’inizio, quello che oggi ormai è una tradizione settimanale, ha avuto origini oltre trent’anni fa, quando vari gruppi di amici si davano appuntamento “abbasc’ o campo” per fare una partita di calcio. Chiaramente, nessuno di loro avrebbe mai immaginato che decenni dopo una semplice partitella sarebbe diventata una storia da raccontare. Dopo oltre trent’anni quasi tutti quegli amici si ritrovano ancora al campo e spesso ingaggiano sfide con i propri figli che portano avanti la tradizione.
Perché è diventata leggenda questa partita del sabato? Ma perché quello che prevale sempre è la voglia di stare assieme, di passare un paio d’ore in allegria,di svagarsi dopo una settimana di lavoro o studio, staccarsi per un paio d’ore da mogli o fidanzate e scambiarsi quattro chiacchiere. Voi direte, ma come, vanno a fare gli ngiuci invece di giocare? Ebbene si, perché dovete sapere, che prima di arrivare al quorum esatto di componenti utili per giocare, ne passa di tempo e allora spesso si parla dei fatti del paese e si scambiano informazioni. Una sorta di piazza o bar improvvisati; talvolta, capita che soprattutto nel periodo delle feste, ritornino a Lapio parecchie persone che sono via e una delle occasioni per rivederle è la partita del sabato.
Tornando al titolo, perché ho scritto “storie di altro calcio vi domanderete”. Qualcosa l’avrete potuta già intuire leggendo precedentemente, ma chi non vive in prima persona la partita del sabato, non potrà mai capire cosa accade in quelle ore in quel rettangolo verde. Iniziando dalla composizione delle squadre, con le prime polemiche che scoppiano, dopodiché gli sfottò se una squadra inizia a perdere nettamente e le polemiche per un fallo, un rigore, una rimessa laterale: c’è casino per qualsiasi banalissima situazione.
Per non parlare delle regole, che tutto è tranne che calcio alla fine: la partita termina o se una squadra è nettamente in svantaggio e abbandona, o se qualche elemento di una squadra deve andare via prima e altri lo seguono in massa, causando la fine del match oppure una partita può durare anche fino a sera inoltrata, quando le tenebre ormai non permettono neanche di vedere se c’è qualche avversario di fronte.
Senza dimenticare che il numero di elementi per squadra non è di 11 come dovrebbe essere normalmente, ma variabile. Capitano partite con quindici giocatori per squadra e altre con neanche quattro elementi. Immaginate cosa accade quando ci sono oltre trenta persone in campo: non è più una partita di calcio, ma una battaglia vera e propria, una guerra dove accade di tutto e di più. Ma alla fine, nonostante ciò, ci si riesce a divertire e lo spirito di gruppo, dello stare insieme, tiene viva questa tradizione da oltre trent’anni.
Potrei raccontarvi ancora tanto, ma come detto bisognerebbe scrivere un libro per raccontare ogni singolo episodio. Oggi mi limito a ricordare ciò che è diventata una semplice partita di calcio: penso che non dico eresie se la chiamo una leggenda da tramandare alle generazioni future. Perché, in quelle due ore di partita, non c’è solo lo svago, ma c’è molto di più: c’è un piccolo pezzo di storia del nostro paese, un piccolo cuore che batte e che viene alimentato da princìpi di passione, di gruppo, di allegria, cose che nelle generazioni moderne, esistono sempre di meno. E allora, se deve essere anche una semplice partita di calcio a tenere unite varie generazioni, che ben venga. A noi il compito di continuare questa splendida tradizione piena di valori e significati. Qualcuno potrà pensare che sto esagerando, forse si, ma d’altronde “Il Calcio è di chi lo ama”.